In materia di lavoro occorre segnalare l’ennesima pronuncia favorevole alla legittimità del licenziamento del lavoratore per superamento del periodo di comporto,
Come è noto, la legge garantisce al lavoratore in malattia la conservazione del posto di lavoro nei limiti di un periodo (cosiddetto comporto) la cui durata varia in base al contratto collettivo di categoria e, in mancanza, è stabilita dagli usi o secondo equità.
Una volta trascorso tale periodo, il datore di lavoro ha libera facoltà di licenziare il dipendente in malattia a prescindere da qualsivoglia ragione oggettiva.
Tale possibilità, da molti ritenuta illegittima in quanto espressione di un potere datoriale eccessivamente vigoroso, si atteggia a mera facoltà e può essere realizzata mediante semplice intimazione per iscritto della volontà di recedere una volta decorso il periodo di comporto.
La Cassazione ha recentemente confermato la legittimità di tale facoltà ponendo come unici limiti, da un lato che il recesso sia intimato prima che il dipendente riprenda servizio e, dall’altro, che il datore non attenda un tempo eccessivamente lungo dopo il superamento del periodo.
In caso contrario, precisano gli ermellini, “ il mancato tempestivo esercizio del diritto può essere inteso come rinuncia ad avvalersene”.
In tale ipotesi il lavoratore potrebbe quindi agire per l’impugnazione del licenziamento che, sempre secondo la Suprema Corte, non sarebbe soggetta il termine di decadenza di 60 giorni previsto dalla legge n. 604/1966 per le altre ipotesi di licenziamento. (© Avv. Dario Avolio)