La Suprema Corte ha recentemente confermato (sent. n. 40824 del 17 ottobre 2012) la condanna a carico di un medico ospedaliero che, dopo aver operato i pazienti nella struttura sanitaria, li invitava ad effettuare il successivo controllo presso il suo studio privato a pagamento.
Tale contegno, precisano gli Ermellini, oltre ad essere contrario al codice deontologico della professione sanitaria, integra perfettamente gli estremi dell’abuso d’ufficio di cui all’art. 323 c.p.
Ciò in quanto la condotta di invitare il paziente a visita privata, sottacendo che la medesima prestazione sanitaria potrebbe essere fruita gratuitamente presso il presidio ospedaliero, costituisce “un ingiusto vantaggio (doppia retribuzione), con danno del paziente (che viene a versare un emolumento già compreso nel ticket), quale conseguenza della dolosa e funzionale carenza di informazione, al paziente stesso, della possibilità di ottenere il medesimo risultato terapeutico in sede ospedaliera: alternativa questa favorevole alla ‘persona operata’, ma da essa non potuta esercitare per doloso difetto di informazione, in un contesto in cui il pubblico ufficiale ha violato manifestamente il dovere di astensione, indirizzando le parti nel suo studio privato per una prestazione che doveva essere contrattualmente praticata in ambito ospedaliero”. (© Avv. Dario Avolio)