Il medico di una ASL che indirizzi i pazienti presso un ambulatorio privato asserendo che nella struttura sanitaria in cui lavora non vi sarebbero i macchinari necessari per i relativi accertamenti, commette il delitto di abuso di ufficio con conseguente responsabilità penale.
E’ quanto asseriscono i Giudici della Corte Suprema, nella sentenza n. 27936 del 2008, puntualizzando che il contegno di uno specialista, anche nel caso in cui vi siano delle effettive carenze nelle dotazioni strumentali della ASL, deve essere volto unicamente ad indirizzare i pazienti in altre strutture pubbliche della città.
Favorire il sistema sanitario privato, al contrario, secondo i Giudici di Piazza Cavour, integra la condotta tipica della fattispecie di cui all’art. 323 c.p. punita fino a tre anni di carcere.
E’ quanto asseriscono i Giudici della Corte Suprema, nella sentenza n. 27936 del 2008, puntualizzando che il contegno di uno specialista, anche nel caso in cui vi siano delle effettive carenze nelle dotazioni strumentali della ASL, deve essere volto unicamente ad indirizzare i pazienti in altre strutture pubbliche della città.
Favorire il sistema sanitario privato, al contrario, secondo i Giudici di Piazza Cavour, integra la condotta tipica della fattispecie di cui all’art. 323 c.p. punita fino a tre anni di carcere.
I Giudici del Palazzaccio hanno così motivato e confermato la condanna ai danni di un sanitario rilevando che, nel caso specifico, l’interesse privato del medico era entrato in conflitto con quello pubblico, “atteso che quand’anche le attrezzature dell’ospedale non avessero consentito l’esecuzione dell’esame diagnostico, nulla autorizzava il camice bianco ad indirizzare i pazienti al suo studio privato”. (© Avv. Dario Avolio)